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IL CIBO COME CULTURA


Il primo libro che ho letto di Massimo Montanari è stato Il riposo della polpetta. Come molte volte capita me lo ha consigliato un amico, ma come raramente succede me l'ha prestato: Alessio mi ha chiesto di scrivere le mie riflessioni e non farmi problemi a sottolineare le parti che più mi interessavano. E così ho fatto, l'ho "divorato" e preso continuamente appunti.

È stato questo il mio primo "incontro" con l'autore, che è anche studioso: Montanari infatti insegna Storia Medievale e Storia dell'alimentazione all'Università di Bologna.


Il cibo come cultura è un piccolo manuale che contestualizza il cibo attraverso brevi dissertazioni storiche: partendo dalle basi (scoperta del fuoco, cottura del cibo, classificazione ecc.), illustra come l'uomo abbia costruito i caratteri culturali di una necessità qual è il nutrimento, proseguendo passo passo con tutti i gradini per arrivare ai nostri giorni e all'attuale concezione del cibo.

Un disegno lineare per vedere come tutti questi strati coesistono anche se sembrano sorpassati, per comprendere che ogni mattone costituisce la struttura ed è anche un sostegno imprescindibile per il sistema culturale segnandone i passaggi.

Lo stile è scorrevole, a tratti ironico. Gli episodi storici come i banchetti fastosi delle corti dei signori Gonzaga e Sforza, i personaggi storici come il Maestro Martino "il più prestigioso cuoco del XV secolo", le ricerche antropologiche come quelle di Claude Lévi-Struass con gli aborigeni sono solo il corollario di esempi concreti che danno forza all'impianto teorico.

Un libro che consiglio senza dubbio a chiunque si avvicini ai fornelli con passione, soprattutto per chi nella vita lavora in qualsiasi modo a contatto con il cibo.

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